La coltura della vite viene praticata in Calabria sin dai tempi preistorici, esisteva sicuramente ancor prima che vi giungessero, intorno all’VIII secolo a. C., i primi coloni greci. Molte leggende fiorite intorno alla fondazione di città della Magna Grecia, tra cui l’antica Kaulon, fanno menzione della vite quale elemento sacrale. Del resto la coltivazione dei vigneti in queste contrade era talmente intensa nell’età ellenistica che la Calabria fu detta "Enotria", ossia terra del vino. Si capisce quindi come il vino che si produceva in Calabria, oltre ad avere una considerevole importanza nell’economia dei tempi, era apprezzato e famoso per la sua qualità. Caratteristica di quel vino pare fosse la forza ed il vigore, capace (si dice) di resuscitare anche i morti, ed il profumo intensissimo. Le tavole di Eraclea danno un preciso valore ai vigneti del tempo in Calabria: un appezzamento di terreno coltivato a vigna valeva sei volte quello coltivato a cereali. Pare che vi si coltivassero 150 vitigni diversi e tutti pregiati. Al dio Bacco erano innalzati ovunque templi, tra i quali famosissimo quello di Cremissa, odierna Cirò. E si vuole appunto che il vino Cirò discenda in linea retta da quel vino di Crimisa che si somministrava agli atleti vittoriosi nelle gare, per cui (insieme ad un altro grande vino di Calabria, il Greco di Bianco) sarebbe il nettare più antico d’Italia. Non v’è dubbio d’altronde che anche il Greco di Bianco, sia di nobili ed antichissime origini: è il nome stesso a dirlo. Si racconta che il vitigno sia stato portato nell’VIII secolo a. C. dai coloni greci che fondarono Locri Epyzefiri. Narra la leggenda che la battaglia del fiume Sagra (VI secolo a. C.) tra i 20.000 Locresi-Reggini da una parte ed i 100.000 Cotroniati-Kauloniati dall’altra, venne vinta dai primi perché esaltati da copiose libagioni di vino Greco.
Vi sono in Calabria circa 55.000 ettari di terreno coltivato a vigneto di cui 38.500 a coltura specializzata con produzione annua che si aggira intorno a 1.800.000 ettolitri di vino. Non molto se consideriamo che l’antica Enotria produceva la stessa quantità di vino dell’Alto Adige e meno delle Marche e di quasi tutte le altre regioni d’Italia. Eppure la Calabria, per la sua collocazione geografica al centro del Mediterraneo dove il sole splende per 8 mesi l’anno e per la sua particolare conformazione, è in grado produrre vini che, pur provenendo dai medesimi vitigni si differenziano notevolmente, vini quasi sempre di altissima qualità, robusti e generosi.
In Calabria la massima produzione di vino è ad un livello decisamente artigianale e difatti ogni contadino vinifica da sé con criteri del tutto primitivi ed empirici. Ecco perché i risultati di anno in anno sono i più disparati e non vi è una vera continuità nella qualità dello stesso tipo di vino. Questo è il motivo della mancata diffusione dei nostri nel resto d’Italia. Ancora oggi sono poche le aziende che hanno la denominazione DOC, ma è in notevole incremento.
Il Cirò è uno dei pochi vini veramente industrializzato, il primo che ha chiesto ed ottenuto la denominazione d’origine controllata. Conosciuto ed apprezzato in tutto il mondo e' entrato a far parte di ogni cantina che si rispetti e sulle tavole di ogni buon ristorante. Per gli altri vini occorrerà attendere. Di recente hanno ottenuto la denominazione d’origine controllata anche i vini Bivongi, Savuto, Donnici e Pollino.