La presenza di insediamenti umani nel territorio di Amantea è attestata già in età preistorica e protostorica (ritrovamenti di ceramica di Stentinello, ossidiana lavorata proveniente dalle isole Eolie, architettura rupestre funeraria, rinvenimenti di altri materiali).
La recente scoperta di un santuario del sec VI a.C. in località Imbelli e di un ricco deposito votivo, che ha restituito molti interessanti reperti, testimonia dello stanziamento di coloni greci nella zona di Campora S.Giovanni in età arcaica. Nel territorio di Amantea sono state rinvenute anche ceramiche campane del sec. IV a.C.
Popolazioni brettie si sono, forse, stanziate sul pianoro di sommità del colle roccioso che sovrasta Amantea e nelle immediate adiacenze di esso, dando origine al piccolo abitato di Clampetia sottomessa dai Romani nel 204 a.C., con deduzione di una colonia (ager clampetinus).
Il nome Amantea compare nel sec. VII d.C., come si deduce dalle tavole dell'Anonimo Ravennate.
Probabilmente, a partire da quest'epoca, nasce l'insediamento rupestre bizantino.
Nell'839 gli Arabi occupano la città tirrenica e ne fanno sede di un Emirato.
Nell'885 l'esercito bizantino di Niceforo Foca scaccia gli occupanti.
Poco dopo la liberazione viene elevata a sede vescovile di rito greco figurando tra le diocesi suffraganee di Reggio Calabria.
Il 1094, per volontà del duca normanno Ruggero, viene soppressa la sede vescovile di Amantea che è aggregata con il titolo di "diocesi inferiore" a quella di Tropea. Nel 1269 i suoi abitanti si ribellano ai nuovi invasori angioini nel nome di Corradino di Svevia e subiscono un'assedio che termina con la loro sconfitta.
Nel 1495 si oppongono vittoriosamente alle truppe di Carlo VIII che aveva osato infeudare la città demaniale a Francesco d'Alengre, Maresciallo del Regno.
Il 1571 trenta uomini sono presenti in difesa della cristianità occidentale, alla battaglia di Lepanto, imbarcati sulla galea "La Luna", sotto il comando di Scipione Cavallo.
Il 1630 il principe di Belmonte, Orazio G.Battista Ravaschieri, acquista per 60.000 ducati la città, con il suo casale S.Pietro, dalla Regia Corte. Gli amanteani riusciranno a riscattarsi versando ad essa la somma pagata e rientreranno a far parte del Regio Demanio nel 1633. Un'indelebile pagina di storia viene scritta dai cittadini durante il decennio di occupazione delle truppe francesi di Giuseppe Bonaparte, nel 1806-1807, allorchè, alternando episodi di indomito coraggio ad altri di incredibili sacrifici, riescono a sostenere un lungo e sfortunato assedio sotto la guida del valoroso comandante borbonico Rodolfo Mirabelli.
Nel corso dell'ottocento si formarà il nuovo insediamento urbano della marina sulla vasta piana litoranea creata dai depositi alluvionali.
Il Centro Storico
L'antica via del Carmine aperta nell'800 per consentire l'espansione urbana dell'originario nucleo insediativi racchiuso nella cinta muraria, oltre la porta di Paraporto, si stende sul piano tra visioni di mare e colline. L'imbocco di via Cavour che sale ripida verso il cuore del Centro storico è contrassegnato da un arco di sostegno sospeso tra le masse impositive delle vecchie dimore, quasi a sancire il distacco con il resto dell'abitato. A conferma della rappresentatività delle dimore patrizie nel tessuto edilizio, in angoli appartati, è facile scorgere delle cappelle private e portali su cui riecheggiano modi stilistici tardo rinascimentali e barocchi. Di rilevanza artistica sono i portali di Palazzo Mirabelli ( sec. XVII), e Palazzo Cavallo Marincola ( sec. XVII). Le stradine confluiscono in larghi pianeggianti (Agorà) delimitati da case che aderiscono alla roccia e che somigliano a raccolti cortili con lembi di giardini e piante ornamentali che danno colore all'insieme, con la ruggine dei tetti orlati da cornici digradanti di triplice ordine di tegole. Le edicole sacre sono poste a protezione dello spazio domestico e collettivo. "Affidare la propria vita, i propri beni e i luoghi che si frequentano a un Santo protettore vuol dire muoversi con più fiducia in un Universo che può diventare ostile". Festosi balconi ornati di piante sporgono su ricchi mensoloni di pietra. Ornati portali, picchiotti di orrendo aspetto come agente concreto di difesa dell'abitazione, androne con scalone a parapetto continuo o balaustrato: è questo il tipico schema composito degli ingressi a molte dimore storiche. Esempi tipici i seicenteschi Palazzo Mirabelli e Palazzo Florio, e il settecentesco Palazzo De Martino. Le scalinate si incuneano lapide tra gli alzati delle case per superare i dislivelli del suolo. I passaggi a volta sormontati da vani, oltrechè ad accrescere lo spazio abitativo, erano anche adatti alla difesa in caso di attacchi nemici. L'arco è l'elemento fondamentale del linguaggio dell'architettura popolare e contrassegna il paesaggio urbano storico. Spesso si vedono scale esterne dalle lunghe rampe con ringhiere di ferro che si inerpicano in un audace intreccio, aiutandosi con un arco rampante che precede un passaggio a volta, mentre un arco di sostegno si incunea tra le murature. Solo i vicoli possono consentire il passaggio in un tale addensarsi di abitazioni, da alcuni di essi si possono vedere splendidi scorci del sottostante mare.
E' facile scorgere in molti angoli del centro antico tetti di case ricoperti dai coppi in terracotta che si tingono d'oro al tramonto e sono sorretti dalle capriate di travi non squadrate. I piccoli slarghi animati da fontane pubbliche con scale esterne e terrazzi per godere dello spazio all'aperto ispirano un senso di quiete e intimità. Lo spazio comunitario all'aperto viene attivamente vissuto nell'incontro e nello scambio. In questi ambiti è fiorita la tradizione orale del popolo di Amantea; solo in questi luoghi che hanno in sé qualcosa di misterioso e fiabesco potevano fiorire i canti popolari, i racconti, i proverbi, le tradizioni magiche, la cultura materiale ed alimentare, i rituali festivi e della morte. Solo in questi luoghi poteva dispiegarsi la grande cultura popolare che irretiva in una vasta trama le opere e i giorni e forniva un'epoca conchiusa, dove ogni cosa stava a suo posto e l'uomo, attraverso l'apparato simbolico, tentava di dominare il mondo. In questo Universo prestabilito ogni gesto configurava il compiersi di un destino.
Insediamenti Archeologici
Una frequentazione umana millenaria e vicende storiche che hanno posto a contatto gli abitanti di quest'area costiera tirrenica con le più diverse civiltà del bacino del Mediterraneo hanno lasciato sul territorio uno sterminato patrimonio di beni archeologici che connota con tracce indelebili il paesaggio agrario e urbano. Recenti indagini sul territorio hanno portato alla scoperta di siti di interesse preistorico e protostorico nella frazione di Campora San Giovanni, nella località di Imbelli e sulla riva destra del torrente Torbido; sui versanti acclivi di Cozzo Piano Grande, nel territorio di Serra D'Aiello; nell'area di Cleto e Savuto. Sin dal Neolitico la fascia costiera che gravita intorno ad Amantea, come è attestato dai cospicui ritrovamenti di ceramica di Stentinello e di Ossidiana Liparitica a Campora e sulle balze collinari prossime al fiume Savuto, ha avuto una funzione di collegamento tra le isole Eolie e l'interno della Calabria, fungendo da scalo marittimo. Tombe a Tholos con banchine scavate nei teneri banchi di roccia arenacea testimoniano di influenze Micenee nell'architettura funeraria tra media e tarda età del bronzo; altre tombe a grotticella artificiale stanno a dimostrare un'occupazione del sito nell'età del ferro. Ma le ultime campagne di ricognizione e ritrovamenti fortuiti hanno permesso di documentare lo stanziamento di coloni Greci nella zona di Campora san Giovanni sin dal VI sec. a.C. Da una necropoli sita in vicinanza del mare provengono, infatti, numerosi reperti pertinenti a tale periodi. Basta qui ricordare, tra i tanti, numerose lekythoi, vasi funerari collocati all'interno della tomba o nelle immediate vicinanze di essa; alcuni aryballoi, vasetti globulari per unguenti; degli stamnoi, vasi di grande dimensioni atti a contenerne altri più piccoli ed una grande varietà di materiali attinenti alla sfera della coroplastica, quali colombe e tartarughe fittili, e una protome femminile di divinità, nella quale si può forse scorgere la figura di Demeter alla quale potrebbe essere dedicato il santuario la cui stipe votiva che ha restituito materiali di età arcaica, sempre in località Imbelli di Amantea che si và rilevandi come un sito di grande rilievo archeologico. Queste recenti scoperte confermano il nostro legame con la grande civiltà Greca, con l'ideologia religiosa e funeraria degli Ellenici, con i loro modelli culturali e la concezione del mito che, fondando e garantendo la realtà in cui l'uomo opera e influenzandone le sue strutture profonde ed inconsce il comportamento e l'agire delle nostre genti, plasma in un orizzonte culturale e rituale movenze e bisogni umani insopprimibili. Noi Calabresi accogliamo con profonda gratitudine e commozione questa eredità di cui la cultura Greca ci ha fatto dono: in essa affondano le nostre radici; da essa germogliano i semi della ragione; da essa sgorgano le sorgenti perenni del nostro immaginario; l'erba tenera del nostro pensiero maturo si stende nei campi d'asfodelo delle scene figurate dei vasi ed il vento che viene dal respiro del mare pre-cosmico ci porta le voci delle creature del mito.
La recente scoperta di un santuario del sec VI a.C. in località Imbelli e di un ricco deposito votivo, che ha restituito molti interessanti reperti, testimonia dello stanziamento di coloni greci nella zona di Campora S.Giovanni in età arcaica. Nel territorio di Amantea sono state rinvenute anche ceramiche campane del sec. IV a.C.
Popolazioni brettie si sono, forse, stanziate sul pianoro di sommità del colle roccioso che sovrasta Amantea e nelle immediate adiacenze di esso, dando origine al piccolo abitato di Clampetia sottomessa dai Romani nel 204 a.C., con deduzione di una colonia (ager clampetinus).
Il nome Amantea compare nel sec. VII d.C., come si deduce dalle tavole dell'Anonimo Ravennate.
Probabilmente, a partire da quest'epoca, nasce l'insediamento rupestre bizantino.
Nell'839 gli Arabi occupano la città tirrenica e ne fanno sede di un Emirato.
Nell'885 l'esercito bizantino di Niceforo Foca scaccia gli occupanti.
Poco dopo la liberazione viene elevata a sede vescovile di rito greco figurando tra le diocesi suffraganee di Reggio Calabria.
Il 1094, per volontà del duca normanno Ruggero, viene soppressa la sede vescovile di Amantea che è aggregata con il titolo di "diocesi inferiore" a quella di Tropea. Nel 1269 i suoi abitanti si ribellano ai nuovi invasori angioini nel nome di Corradino di Svevia e subiscono un'assedio che termina con la loro sconfitta.
Nel 1495 si oppongono vittoriosamente alle truppe di Carlo VIII che aveva osato infeudare la città demaniale a Francesco d'Alengre, Maresciallo del Regno.
Il 1571 trenta uomini sono presenti in difesa della cristianità occidentale, alla battaglia di Lepanto, imbarcati sulla galea "La Luna", sotto il comando di Scipione Cavallo.
Il 1630 il principe di Belmonte, Orazio G.Battista Ravaschieri, acquista per 60.000 ducati la città, con il suo casale S.Pietro, dalla Regia Corte. Gli amanteani riusciranno a riscattarsi versando ad essa la somma pagata e rientreranno a far parte del Regio Demanio nel 1633. Un'indelebile pagina di storia viene scritta dai cittadini durante il decennio di occupazione delle truppe francesi di Giuseppe Bonaparte, nel 1806-1807, allorchè, alternando episodi di indomito coraggio ad altri di incredibili sacrifici, riescono a sostenere un lungo e sfortunato assedio sotto la guida del valoroso comandante borbonico Rodolfo Mirabelli.
Nel corso dell'ottocento si formarà il nuovo insediamento urbano della marina sulla vasta piana litoranea creata dai depositi alluvionali.
Il Centro Storico
L'antica via del Carmine aperta nell'800 per consentire l'espansione urbana dell'originario nucleo insediativi racchiuso nella cinta muraria, oltre la porta di Paraporto, si stende sul piano tra visioni di mare e colline. L'imbocco di via Cavour che sale ripida verso il cuore del Centro storico è contrassegnato da un arco di sostegno sospeso tra le masse impositive delle vecchie dimore, quasi a sancire il distacco con il resto dell'abitato. A conferma della rappresentatività delle dimore patrizie nel tessuto edilizio, in angoli appartati, è facile scorgere delle cappelle private e portali su cui riecheggiano modi stilistici tardo rinascimentali e barocchi. Di rilevanza artistica sono i portali di Palazzo Mirabelli ( sec. XVII), e Palazzo Cavallo Marincola ( sec. XVII). Le stradine confluiscono in larghi pianeggianti (Agorà) delimitati da case che aderiscono alla roccia e che somigliano a raccolti cortili con lembi di giardini e piante ornamentali che danno colore all'insieme, con la ruggine dei tetti orlati da cornici digradanti di triplice ordine di tegole. Le edicole sacre sono poste a protezione dello spazio domestico e collettivo. "Affidare la propria vita, i propri beni e i luoghi che si frequentano a un Santo protettore vuol dire muoversi con più fiducia in un Universo che può diventare ostile". Festosi balconi ornati di piante sporgono su ricchi mensoloni di pietra. Ornati portali, picchiotti di orrendo aspetto come agente concreto di difesa dell'abitazione, androne con scalone a parapetto continuo o balaustrato: è questo il tipico schema composito degli ingressi a molte dimore storiche. Esempi tipici i seicenteschi Palazzo Mirabelli e Palazzo Florio, e il settecentesco Palazzo De Martino. Le scalinate si incuneano lapide tra gli alzati delle case per superare i dislivelli del suolo. I passaggi a volta sormontati da vani, oltrechè ad accrescere lo spazio abitativo, erano anche adatti alla difesa in caso di attacchi nemici. L'arco è l'elemento fondamentale del linguaggio dell'architettura popolare e contrassegna il paesaggio urbano storico. Spesso si vedono scale esterne dalle lunghe rampe con ringhiere di ferro che si inerpicano in un audace intreccio, aiutandosi con un arco rampante che precede un passaggio a volta, mentre un arco di sostegno si incunea tra le murature. Solo i vicoli possono consentire il passaggio in un tale addensarsi di abitazioni, da alcuni di essi si possono vedere splendidi scorci del sottostante mare.
E' facile scorgere in molti angoli del centro antico tetti di case ricoperti dai coppi in terracotta che si tingono d'oro al tramonto e sono sorretti dalle capriate di travi non squadrate. I piccoli slarghi animati da fontane pubbliche con scale esterne e terrazzi per godere dello spazio all'aperto ispirano un senso di quiete e intimità. Lo spazio comunitario all'aperto viene attivamente vissuto nell'incontro e nello scambio. In questi ambiti è fiorita la tradizione orale del popolo di Amantea; solo in questi luoghi che hanno in sé qualcosa di misterioso e fiabesco potevano fiorire i canti popolari, i racconti, i proverbi, le tradizioni magiche, la cultura materiale ed alimentare, i rituali festivi e della morte. Solo in questi luoghi poteva dispiegarsi la grande cultura popolare che irretiva in una vasta trama le opere e i giorni e forniva un'epoca conchiusa, dove ogni cosa stava a suo posto e l'uomo, attraverso l'apparato simbolico, tentava di dominare il mondo. In questo Universo prestabilito ogni gesto configurava il compiersi di un destino.
Insediamenti Archeologici
Una frequentazione umana millenaria e vicende storiche che hanno posto a contatto gli abitanti di quest'area costiera tirrenica con le più diverse civiltà del bacino del Mediterraneo hanno lasciato sul territorio uno sterminato patrimonio di beni archeologici che connota con tracce indelebili il paesaggio agrario e urbano. Recenti indagini sul territorio hanno portato alla scoperta di siti di interesse preistorico e protostorico nella frazione di Campora San Giovanni, nella località di Imbelli e sulla riva destra del torrente Torbido; sui versanti acclivi di Cozzo Piano Grande, nel territorio di Serra D'Aiello; nell'area di Cleto e Savuto. Sin dal Neolitico la fascia costiera che gravita intorno ad Amantea, come è attestato dai cospicui ritrovamenti di ceramica di Stentinello e di Ossidiana Liparitica a Campora e sulle balze collinari prossime al fiume Savuto, ha avuto una funzione di collegamento tra le isole Eolie e l'interno della Calabria, fungendo da scalo marittimo. Tombe a Tholos con banchine scavate nei teneri banchi di roccia arenacea testimoniano di influenze Micenee nell'architettura funeraria tra media e tarda età del bronzo; altre tombe a grotticella artificiale stanno a dimostrare un'occupazione del sito nell'età del ferro. Ma le ultime campagne di ricognizione e ritrovamenti fortuiti hanno permesso di documentare lo stanziamento di coloni Greci nella zona di Campora san Giovanni sin dal VI sec. a.C. Da una necropoli sita in vicinanza del mare provengono, infatti, numerosi reperti pertinenti a tale periodi. Basta qui ricordare, tra i tanti, numerose lekythoi, vasi funerari collocati all'interno della tomba o nelle immediate vicinanze di essa; alcuni aryballoi, vasetti globulari per unguenti; degli stamnoi, vasi di grande dimensioni atti a contenerne altri più piccoli ed una grande varietà di materiali attinenti alla sfera della coroplastica, quali colombe e tartarughe fittili, e una protome femminile di divinità, nella quale si può forse scorgere la figura di Demeter alla quale potrebbe essere dedicato il santuario la cui stipe votiva che ha restituito materiali di età arcaica, sempre in località Imbelli di Amantea che si và rilevandi come un sito di grande rilievo archeologico. Queste recenti scoperte confermano il nostro legame con la grande civiltà Greca, con l'ideologia religiosa e funeraria degli Ellenici, con i loro modelli culturali e la concezione del mito che, fondando e garantendo la realtà in cui l'uomo opera e influenzandone le sue strutture profonde ed inconsce il comportamento e l'agire delle nostre genti, plasma in un orizzonte culturale e rituale movenze e bisogni umani insopprimibili. Noi Calabresi accogliamo con profonda gratitudine e commozione questa eredità di cui la cultura Greca ci ha fatto dono: in essa affondano le nostre radici; da essa germogliano i semi della ragione; da essa sgorgano le sorgenti perenni del nostro immaginario; l'erba tenera del nostro pensiero maturo si stende nei campi d'asfodelo delle scene figurate dei vasi ed il vento che viene dal respiro del mare pre-cosmico ci porta le voci delle creature del mito.