LUOGHI DA VISITARE

LE CASTELLA
Le Castella è una frazione di Isola Capo Rizzuto, in provincia di Crotone.

È situata sulla costa ionica della Calabria, a 10 km da Isola Capo Rizzuto, inserita nel verde di una magnifica terrazza naturale, a 30 metri sul livello del mare, e domina la baia con l'antico Castello Aragonese.
È nota agli amanti della settima arte per essere stata più volte scelta come set cinematografico (de L'Armata Brancaleone e Il Vangelo secondo Matteo su tutti). Nel 1999 ospitò tutte le puntate della 30a e (per ora) ultima edizione di Giochi senza frontiere.
Nel sito ufficiale della frazione si possono trovare approfondimenti storici, foto, notizie utili per chi intende trascorre le vacanze nella località.


Fino a ieri Le Castella ha conservato l'aspetto assunto nei lunghi secoli della sua vita.
Ancora ieri, come nei secoli trascorsi, vi si giungeva dal retroterra per una sola via carraia che vanamente si sarebbe cercata anche sul più meticoloso atlante stradale e che lungo alcuni chilometri, dopo essersi dipartita dall' Isola di Capo Rizzuto, si snodava lungo il fianco della più pingue e vasta riserva di caccia della Calabria, abbondante di cinghiali e di daini, e di campi seminati a grani ed a biade.
Ieri come oggi, un silenzio vasto e solenne come questa pianura, che serve d'introduzione al parco abitato, subito avvolge lo spirito che, nella visione di lontane pecore al pascolo e di sempre più radi bovi aggiogati, percepisce la preparazione a meglio sentire la suggestione del luogo. Che par sia raggiunto e che invece resta ancora lontano.
E' soltanto quando si bordeggia l'oliveto che i tetti delle basse case mostrano il loro colore verdiccio e fiorito, e la torre si staglia chiaramente da un imponente masso in muratura ma ancora non si stacca netta dalla terra su cui sembra edificata; una nicchia ben tenuta segna l'inizio della strada che immette nell abitato. E come il paesaggio percorso evocava immagini di secoli lontani, questa modesta e linda nicchia immette di colpo nel migliore ottocento provinciale.
Le origini e il periodo Romano
L'origine di Castella si perde nel tempo cosi come è circondata dal mistero la presenza, attestata fino al '500, di due o tre isolette non lontane dalla terra ferma, in una delle quali, quella denominata Ogigia, si è detto vi avesse dimorato Calipso che avrebbe trattenuto per lungo tempo l' eroe dei mari Ulisse secondo il racconto di Omero.
Questa collocazione ha aperto una contesa non ancora del tutto placata, pur se storici, letterati e geografi concordano nel collocare l'isola incantata in quell'arcipelago, invero povero di componenti, prospiciente il tridente dei promontori Japigi formato da Capo Cimiti, Capo Rizzuto e Punta Castella. Per comprendere invece il significato del nome di “Le Castella”, usato al plurale anziché al singolare, bisogna considerare che la tradizione popolare riferisce l' esistenza di molti altri castelli ubicati sulle isole prospicienti il litorale e sprofondate negli abissi marini.
Nei diplomi del periodo Normanno-Svevo, il centro compare col nome di Castella Maris (Iudex Castellorum Maris) e gli abitanti sono chiamati Castelisi.
Ma la vera storia del luogo è quella legata al Castello, un edificio che è stato ed è ancora oggi il baricentro di tutte le vicende di questo meraviglioso pezzo di Calabria. La posizione geografica di Punta Castella s'impose in occasione del trattato di amicizia tra Roma e Taranto nel 304 a.C.; sta di fatto che in base al trattato, alle navi da guerra romane era proibito navigare ad oriente di Capo Lacinio onde parve opportuno ai Tarantini - per sorprendere le navi romane che provenivano dal Tirreno e si dirigevano verso Taranto - di istituire una vedetta proprio a Le Castella . Appena un secolo dopo, negli ultimi anni della seconda guerra punica, tra il 208 ed il 202 a.C., si dice che Annibale, incalzato dagli eserciti romani e costretto a un repentino ritorno in patria, abbia fatto costruire là dove ora sorge il possente monumento aragonese una sorta di accampamento (o una torre di vedetta).
Dopo la dipartita di Annibale i Romani fecero sbarcare per motivi strategici sul posto circa tremila coloni e chiamarono il luogo Castra. Fu così che la permanenza di quegli uomini diede origine al borgo che prese il nome di Castella, e presso alcuni al plurale maschile o femminile.
L'influenza Araba e Angioina
Nei secoli IX - XI Castella fu occupata dagli Arabi che avevano creato un emirato nella vicina Squillace ed avevano quindi tutto l'interesse di controllare l'intero golfo. Cessata in parte la minaccia araba, Castella divenne pian piano un popoloso borgo sul quale vennero erette anche due chiese: quella di Santa Maria e l'altra di San Nicola dipendenti dall'Abbazia di Santa Maria della Matina in San Marco. Si ha notizia poi che intorno al 1251 a Castella erano presenti pubblici ufficiali quali giudici e notai, segno evidente questo di un'attiva vita commerciale e sociale. Ma la serenità e la laboriosità dei suoi abitanti vennero turbate in modo grave durante la feroce guerra tra Angioini ed Aragonesi che ebbe come corollario anche l'assedio e il conseguente saccheggio di Castella da parte dell'ammiraglio Ruggiero di Loria che militava per il re Giacomo d'Aragona (1290); inutile fu la resistenza degli abitanti del borgo che resistettero per 8 giorni prima di cedere al violento assalto.
Qualche anno dopo Castella fu teatro di un altro clamoroso scontro fra le truppe di Guglielmo Estendard, capitano angioino che decise di riconquistare tutte le terre perdutevi dal suo sovrano e lo stesso Ruggiero di Loria accorso precipitosamente da Messina per difendere i territori minacciati. Guglielmo, viste le navi nemiche che facevano scalo nel golfo decise fulmineamente di prenderle in trappola. Perciò si appostò in agguato presso il lido, ma lo fece con così poca avvedutezza che, anziché cogliere il nemico di sorpresa, ne fu sopraffatto; Ruggiero infatti, scoperta in anticipo la manovra, dispose lo svantaggio a suo favore, e l'Estendard, nonostante la gagliarda difesa della cavalleria dovette cedere ed egli stesso, ferito, cadde prigioniero.
Il XV secolo - L'età dei saccheggi
Passano gli anni ed ecco che Castella si trova nuovamente al centro di aspre contese. Stavolta è il re Ferdinando d'Aragona, nel 1459, a scendere sul campo di battaglia per contrastare la sete di potere di un nobile feudatario, Antonio Centelles; Castella viene assediata e costretta alla resa, fino ad essere assoggettata dopo una serie di cambi di dominio al nobile napoletano Andrea Carafa, che la acquista nel 1496 insieme alle terre di Cutro e Roccabernarda per una somma pari a novemila ducati.
Con l'infeudamento nel 1496 della contea di Santa Severina, di cui Le Castella faceva ormai parte, seguì un lento periodo di declino; tra la metà del '500 e il secolo successivo si vide diminuire la sua popolazione, sparire quasi del tutto i commerci, inaridire le sue belle campagne. Una causa importante la ricoprì sicuramente la potenza ottomana che dilagò come un mare di fuoco nel Mediterraneo senza incontrare significativi ostacoli.
Gli attacchi a Castella cominciarono intorno 1553, anno in cui vennero bruciate le campagne e catturati molti borghigiani. Tre anni dopo, navi turche si avvicinarono alla costa e quando si trovarono ad adeguata distanza da essa cominciarono un violento bombardamento che precedette un crudele saccheggio da parte di Ariadeno Barbarossa, il terrore dei mari. Molti trovarono la morte, altri, tra i quali un macilento ragazzo, Giovan Dionigi Galeni, destinato a diventare il famoso Kiligi Alì meglio conosciuto come Uccjalì, vennero fatti schiavi e divisi tra Sultano pirati e ciurma.
Castella non ha neanche il tempo di rimangiare le sue ferite che nel 1544 e nel 1548 il pirata Dragut la saccheggia di nuovo. Gli abitanti non si perdono d'animo, sanno che il nemico ritornerà ancora per cui rinforzano il Castello, scavano caverne nelle quali possono accedere attraverso botole ben mimetizzate, costruiscono una torre di guardia apprestano efficace difese anche in vista di un attacco da terra.
E' chiaro che tutto questo impoverisce il borgo che spesso chiede un alleggerimento momentaneo dai gravami fiscali che è obbligato a versare ai vari signori e al vescovo. Drammatiche sono nel frattempo anche le vicende dei suoi feudatari. Alla morte di Andrea Carafa (1526) la Contea di Santa Severina, che comprende anche la Terra di Castella ed altri feudi, passa a Galeotto Carafa, nipote di Andrea che deve affrontare tra l'altro le incursioni di Barbarossa e di Dragut ma anche una congiuntura economica molto sfavorevole che comporterà lo smembramento della contea di Santa Severina e la vendita di Castella a Ferrante Carafa, conte di Soriano e duca di Nocera dei Pagani.
A Ferrano succede nel 1558 il figlio Alfonso che proprio nello stesso anno deve assistere ad un'ennesima incursione turchesca. Questa volta è Mustafà Pascià che prende di mira Cutro e dopo aver arrecato notevoli danni anche a Castella, la mette a ferro e fuoco.
Durante questa scorreria viene catturata la giovinetta Caterina Ganguzza che si racconta abbia preferito darsi la morte piuttosto che diventare concubina del Sultano. Alfonso deve anche sostenere lunghe liti con il Vescovo della diocesi che vantava dei diritti su alcune terre di Castella. E' lui poi che avanza l' idea, respinta da tutti i vassalli, di abbattere addirittura Castella per impedire che vi si annidassero i Turchi.
Il tramonto del borgo
Sotto Alfonso e il suo successore Francesco Maria il feudo si sfalda con la vendita a Giovanna Ruffo, marchesa di Licodia e poi anche principessa di Scilla, di Castella, Cutro, Roccabernarda e feudi annessi. Alla morte di Giovanna (1650), Castella passa al figlio Francesco Maria sotto il cui dominio Castella vede la soppressione, da parte di Papa Innocenzo X, del convento dei frati Minori Riformati nell'ambito di un generale progetto che interessava tutti i Conventi che non avessero un certo numero di religiosi. La situazione precipita, i creditori dei Ruffo non potendo questi ultimi onorare i loro ingenti debiti chiedono la vendita all'asta dei loro beni. Le terre di Cutro, Castella, Roccabernarda ed altre ancora vengono acquistate allora per 150.000 ducati di Pietro Carafa per conto di Francesco Filomarino (1664).
I Filomarino sono gli ultimi intestatari del feudo suddetto. La legge eversiva della feudalità, voluta dai conquistatori francesi di Napoleone, avrebbe favorito il passaggio di quello che era stato un grande feudo alla famiglia dei Barracco e dei Berlingieri. Il fatidico anno 1799 vede ancora Castella epicentro dello scontro tra francesi e borbonici e punto di approdo delle truppe provenienti dalla Sicilia. Gli anni ruggenti di Castella sono però finiti. Da quel momento il borgo, prima aggregato a Crotone e poi divenuto frazione di Isola Capo Rizzuto, segue le vicende amministrative e politiche prima del risorto Regno di Napoli, poi dello Stato italiano.

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